mercoledì 29 ottobre 2008

s-combine

nuovo messaggio - ricevuti - leggi: “ho conosciuto una ragazza. si chiama zeta, è carina, simpatica, le piace la montagna, jovanotti e va in bici. te la devo presentare”. mmm, premetto: sfuggo a tante serate, ultimamente, ma da sempre alle serate combinate. non fanno per me. finirei per parlare tutta la sera col cameriere croato pur di non incrociare lo sguardo della predestinata, rovescerei almeno un paio di bicchieri e al conto sarei già a casa a guardare south park da un’oretta buona. ma la serata è aperta ad altra gente, meno male. si può fare un giretto.
il problema è che un amico, annusato il tentativo di combine, e complice qualche bicchiere in più, si fa prendere la mano. e in presenza di zeta parte con una sequenza quantomeno sospetta di elogi pro domo mea. talmente sospetta che sembra un epitaffio. al che mi faccio scaramantico: “guarda che non sono ancora morto”, gli spiego interrompendolo a tre quarti del sermone funerario. ma l’amico non desiste, e va giù coi punti forti: mi piace la montagna (vabè), sarei simpatico ma anche profondo (olè), sommo esperto di questo e un grande a fare quest’altro (e vai!). mi aspetto che da un momento all’altro estragga un mio curriculum vitae per consegnarlo alla sventurata signorina. il gioco è talmente demenziale che a sprazzi mi diverto. negli sprazzi in cui non mi diverto, allora affogo l’imbarazzo nel vino rosso e mi alzo dieci volte da tavola fingendo di cambiare il cd nello stereo. zeta se ne tornerà a casa convinta che le abbiano presentato un premio nobel per la letteratura, per la pace e per la copula, con la verve comica di totò, che nei ritagli di tempo sfida il k2 con rheinold messner cantando a squarciagola, ma intonato, canzoni di jovanotti e degli u2. poverella. in pratica, avessi avuto una chance su un milione si è già volatilizzata, così come la bottiglia di bianco nel bicchiere del mio amico.
ma la serata prosegue. c’è la tele e south park lo posso guardare anche qua. chiacchierando, poi, scopro che zeta è un’incasinata pazzesca: con una vita sentimentale serena come un incidente stradale, galleggia su una crisi spiritual-esistenziale-generazionale. per fortuna non si mangia le unghie, sennò sarebbe davvero il mio tipo e mi verrebbe voglia di riprendere il pisello dal chiodo a cui l’ho momentaneamente appeso. insomma, grazie amico mio, penso. o forse dovrei dire grazie al litro di bianco che ti sei aspirato. metti che questa poi mi piace e si finisce in montagna per buttarci di sotto? meglio una cubista cubana: se mi butto dal cubo al massimo mi slogo il cuba libre (e una caviglia). ma mentre inneggio alla cubana già non ci credo. domani compro un paracadute, si sa mai.

venerdì 24 ottobre 2008

l'Asciugamano

in ufficio. pausa pipì, mi lavo le mani e poi mi trovo di fronte l'Asciugamano. faccio un'eccezione: metto da parte le mie profonde convinzioni sull'uguaglianza assoluta di tutte le lettere davanti al punto, e non solo, e lo scrivo con la lettera maiuscola: l'Asciugamano. e sì, se lo merita: lui è lì da tempo immemore. il suo colore originario si perde nella notte dei tempi, così come la sua capacità di asciugare. ormai è scientificamente umido, paludoso, tentacolare. è un polipo, una sintesi tra il muschio e la stoffa, una nuova forma di vita molto democratica che continua ad accogliere mani di uomini diversi ma uniti dalla stessa azienda e da un solo grande tentativo di record: non contrarre la malaria nonostante l'Asciugamano.
a gennaio verrà una delegazione del guinness per le misurazioni ufficiali. e l'importante è che quelli delle pulizie, mannaggia a loro, non s'accorgano del Grande Umido rovinando un primato ormai certo. per nostra fortuna, si è mossa anche la chiesa: ratzinger ha fatto sapere che l'Asciugamano non va lavato né sterilizzato perché in quel modo verrebbero uccisi milioni di embrioni di batteri. e il battere è vita.

mercoledì 15 ottobre 2008

butta via tutto! butta via tutto! puliti!

amici sportivi, quando il sole ti spacca in quattro... io, come dan peterson, bevo l’estathè. detto ciò, vedendo in questa mailing list qualche psicopatico che come me si ostina nella corsa, nonostante un’età non più verde, mi pregio di segnalarvi una simpatica campestre la prossima domenica. sono sei o dodici chilometri, secondo i gusti e il grado di doping. si parte alle nove e alla fine ti regalano il cacciatorino e il succo di frutta. io vado: la gazzetta dei navigli mi pronostica in medaglia, sempre che riesca ad alzarmi in tempo per la gara. realisticamente mi vedo da primi quaranta, considerate anche le assenze degli atleti impegnati in quei giorni nelle paraolimpiadi a pechino. con me ci sarà un ex collega che alcuni di voi conoscono come il kiptanui di boffalora.
vostro, abebe
caro abebe, orca miseria: il naviglio in questi giorni è in secca e non possiamo nemmeno buttarci dentro per rinfrescarci un po’. io la scorsa settimana ho fatto un’altra uscita di allenamento da sette chilometri e sono andato in over training. adesso sembro michael jackson: ho perso tutta l’abbronzatura e trascino le gambe. ma domenica conto nel solito effetto bagarre della gara (oltre che nell’incontro che avrò con il ciclista lance armostrong domani sera: pare che abbia qualcosa da darci. se armstrong non si presenta all’appuntamento faticherò a star dietro al servizio scopa. punterei allora deciso al vicodin o a qualsiasi aiuto che ci possa arrivare dall’ambiente ippico).
tuo, dr house

dead man walking

“eppure, ogni volta che il coraggio mi franava, capitava qualcosa che mi faceva rinascere la speranza. quella notte fu il riflesso della luna sulle onde. il mare era agitato e in ogni onda mi sembrava di vedere la luce di una nave. erano due notti che avevo perso la speranza di essere soccorso da una nave. eppure, per tutta quella notte diafana di luce e luna – la mia sesta notte in mare – scrutai l’orizzonte disperatamente, quasi con la stessa intensità e la stessa fiducia della prima. se ora mi ritrovassi nelle medesime circostanze morirei di disperazione: ora so che la rotta che faceva la zattera non è la rotta di nessuna nave”.
gabriel garcia marquez, "racconto di un naufrago"
è la cosa che ho pensato questa sera vedendo a matrix l’intervista a roberto saviano

la spettatrice

maledetta primavera! maledetta primavera? sì, maledetta primavera proprio come cantava la goggi, mi dice la mia amica erre. oggi è tornato da un viaggio e mi ha chiamato, mi dice ancora la mia amica erre. ha un lavoro nuovo e vive con la fidanzata da un po’, hanno comprato casa assieme, mi dice sempre la mia amica erre. e da ieri ho anche mal di gola e febbriciattola, aggiunge la mia amica erre. penso: che sfiga, cara amica erre.
maledetta primavera: adesso capisco. la primavera, me la ricordo anch’io cara amica erre, è quella di tre anni fa quando perdesti la testa per quello che adesso è tornato. e insieme alla testa perdesti anche la speranza di una vita un po’ meno da spettatrice. però, tornata a fare la spettatrice, stai scoprendo piano che si soffre un po’ meno di fronte ai ritorni. ne sono sicuro cara amica erre. forse è solo merito del tempo che passa. e forse un giorno gli attori ti daranno un premio come “miglior spettatrice non protagonista”: hai presente quei premi per quelli che pagano sempre il biglietto, se c’è da ridere ridono, se c’è da piangere lo fanno piano, per non disturbare in sala, non spingono per entrare e nemmeno per uscire? il premio sarà un’altra comparsata di un paio di mesi. il palco sarà bello, il copione anche. comincerai a recitare, sentirai i violini e – pam!pam! – arriverà il regista. pam!pam! con due colpi di pistola. e – pam!pam! – la tua parte la darà a qualcun altro. speri di no, fai gli scongiuri, mi dai del disfattista. ma lo sai che andrà così. e allora, cara erre come ragione, sii ragionevole: mettiti comoda sulla tua poltrona e almeno goditi il prossimo spettacolo.

cinque giorni che ti ho perso…

una collega in ufficio ha messo una canzone di zarrillo come sottofondo per lavorare. credo s’intitoli “cinque giorni”. pensavo che andrebbe benissimo anche negli ospedali come alternativa all’eutanasia. poche discussioni in piazze e parlamenti, che lo sfortunato pur di non sentirla si stacca la spina da solo, senza aspettare cinque secondi (altro che cinque giorni).

martedì 14 ottobre 2008

questioni di odiens

mi sento in vena di cose impegnate. dunque resto in tema “isola dei famosi”. un’amica mi dice di aver letto un articolo sull’ultima puntata (lo fa per lavoro, non è drogata), firmato da un tale che faceva lo spiritoso sul latinorum della conduttrice. la ventura deve aver sparato una cazzata in latino sui morituri o qualcosa del genere: e che ti aspetti dalla simona che parla col bidello che sta in spiaggia con le calze al ginocchio controllata a vista da luca giurato? il feroce censore firmatario dell’articolo, però, qualcosa di più s’aspetta. così la rampogna duramente citando l’imperatore claudio e le declinazioni. peccato che due righe sotto, poi, scriva audience con la “o”: odience. proprio così. ora è candidato unico al premio derek zoolander.